Come si crea informazione medica ?

Mi dirai, ma cosa centra come si crea una informazione medica, se il tuo blog parla solo di elettronica ?

Nel mondo dell’elettronica l’informazione è molto scientifica, o almeno mi pare, e questa domanda me la sono fatta solo in qualche rara occasione dove un componente elettronico nuovo e pubblicizzato come “miracoloso”, dopo poco tempo veniva relegato ad obsoleto. Ma diciamocelo un componente elettronico in più o in meno non ci sconvolge il lavoro, la vita.

Una informazione medica invece che potere ha sulla nostra vita ?

La domanda me la sono posta leggendo il commento, diciamo “critico”, di un Dottore fatto ad un post di un altro Dottore.

Per farla semplice il dottore Maurizio S. contestava al dottor Stefano M. di lamentarsi troppo perché “una parte della comunità scientifica lo tratta male e cerca in ogni modo di screditarlo”.

Trascrivo tra virgolette più o meno il concetto espresso: “Lo trattano male solo perché gliene da adito con un atteggiamento troppo lamentoso e poco professionale (poche ricerche scientifiche e di poco valore), invece dovrebbe imparare da due medici australiani Robin Warren e Barry Marshall che hanno scoperto il batterio helicobacter pylori e alla fine hanno ricevuto anche il nobel per la medicina. Nessuno nella comunità scientifica ha dato credito alla loro scoperta all’inizio, ma creando sempre più test e spiegazioni sono riusciti a dimostrare che avevano ragione”.

Per cui come si fa a capire chi ha torto e chi ha ragione in una diatriba medica ? Con il metodo scientifico, credo, cercando più informazioni possibile e mettendole a confronto.

Da qui inizia il mio esperimento che consiste nel cercare su google informazioni sulla voce “Helicobacter Pylori” (conosciuto anche come Campylobacter pyloridis) e selezionare contenuti di enti e ospedali che penso possono essere seri. Per cui il risultato e le mie considerazioni van prese per quelle che sono, cioè ragionamenti fatti con le normali informazioni disponibili su internet e pertanto prive di qualsiasi validità medica.

Cosa ho capito del batterio Helicobacter pylori ?

Questo batterio è molto diffuso solo tra gli essere umani. La presenza di questo batterio nel nostro stomaco aumenta con l’aumentare dell’età. La diffusione arriva anche all’80% delle persone in età avanzata in Paesi come Cina e Colombia.

La presenza di questo batterio nella nostra pancia non provoca il cancro allo stomaco, ma è un fattore di rischio, insieme alla familiarità e alla alimentazione. Una alimentazione meno ricca di sale e carne rossa diminuisce il cancro allo stomaco.

Questo batterio è responsabile per il 50% delle gastriti, l’altro 50% di gastriti è dovuto a farmaci antinfiammatori ingeriti per curare altre malattie, secondo lo scopritore del batterio, il gastroenterologo Dottor Barry Marshall, già premio Nobel per la medicina. Il nostro italiano Istituto Superiore di Sanità non menziona i farmaci antinfiammatori come causa di gastriti associate al batterio H. pylori.

L’utilizzo di antibiotici per eradicare questo batterio sta facendo aumentare la resistenza agli antibiotici, cioè questi antibiotici non funzionano più per questo batterio. Anche un solo ciclo di antibiotici con claritromicina può creare resistenza a questo antibiotico, che vene utilizzato anche per curare polmoniti e infezioni croniche delle vie aeree e dell’orecchio.

Se nel 1980-1990 un medico pensava che eradicare questo batterio avesse impedito la diffusione di gastriti e cancro allo stomaco, oggi dopo più di 30 anni potresti incontrare qualche specialista gastroenterologo che pensa che eradicare questo batterio sia più pericoloso per la tua salute che lasciarlo dov’è. Nel frattempo gli antibiotici che dovrebbero curarci stanno diventando, per il loro uso massiccio o poco oculato, inefficaci.

La connessione tra gastriti e cancro allo stomaco verso stile di vita e alimentazione è molto alta. In un articolo scritto dalla fondazione Veronesi questo batterio viene imputato come la maggior causa di insorgenza di tumore allo stomaco, mentre in un altra sezione del loro sito alla voce “tumore allo stomaco” si legge che questo batterio è un fattore di rischio (Riccardo Rosati, primario del reparto di chirurgia gastroenterologica).

La medicina si basa anche sulla statistica e come tutte le scienze procede per esperimenti ed errori. Può succedere che in un momento storico tutti e due i medici, che si contrappongono con una tesi opposta, abbiano “ragione” a seconda che la spiegazione sia conforme al “consensus” ufficiale o sia una nuova tesi non ancora “validata dal consensus”. In mezzo ci siamo noi con la nostra salute e la nostra vita.

I tempi della medicina sono lunghi decine di anni !

Sembra che questo batterio sia stato rilevato nell’uomo di 60’000 anni fa, ed è stata riconosciuta la sua presenza nell’intestino, insieme alla sua forma elicoidale, già a partire dal 1875 da studiosi tedeschi che malgrado siano riusciti ad isolarlo, non sono riusciti a riprodurlo in laboratorio (fonte Wikipedia).

Ma è solo nel 1982 che due dottori Australiani, con l’utilizzo del microscopio elettronico, riescono ad isolare e riprodurre in coltura questo batterio, che conosciuto come “Campylobacter pyloridis” (C pyloridis), verrà ribattezzato “Helicobacter Pylori” essendo stato identificato come nuova specie di batterio.

Nel 1984 Barry J. Marshall, uno dei due scopritori e medico gastroenterologo, esegue un esperimento su se stesso. Beve una parte della coltura contenente questi batteri per dimostrare la causalità tra presenza del batterio nello stomaco e insorgenza di gastrite. Quella che segue è la mia traduzione, spero corretta, tratta dall’articolo scritto nel 1984 (per leggere l’originale vedi link alla fine di questo post).

“Un mese prima si era fatto fare una endoscopia e una biopsia gastrica per contare il numero di batteri C pyloridis (oggi chiamati H. pylori) contenuti nel suo stomaco. Non ne sono stati trovati e la sua mucosa gastrica era normale.

Al giorno zero ingurgita (Swallow) la coltura di batteri con 1 miliardo di colonie di batteri in formazione.

Dopo 8 giorni appaiono i sintomi della gastrite acloridrica (stomaco con bassa produzione di acido cloridrico), che viene confermata con una biopsia della sua mucosa gastrica eseguita il decimo giorno. I campioni di biopsia hanno mostrato gastrite cronica attiva con infiammazione delle cellule nucleari polimorfiche nell’antro e sono stati osservati e coltivati un gran numero di C pyloridis. La microscopia elettronica ha mostrato che le cellule epiteliali antrali avevano perso il loro caratteristico schema di allineamento e avevano sviluppato superfici irregolari sporgenti con deplezione di microvilli e una grave riduzione del numero di granuli secretori del muco citoplasmatico. Il quattordicesimo giorno fu prelevato un altro campione di biopsia; Il pyloridis non è stato trovato, le cellule nucleari polimorfiche erano assenti e i cambiamenti ultra-strutturali si erano parzialmente risolti. Lo stesso giorno è stato iniziato il trattamento (antibiotico) con tinidazolo 500 mg due volte al giorno e i sintomi si sono risolti completamente entro 24 ore dall’inizio di questo trattamento.”

I due medici continuano le loro ricerche e nel 1994 l’ente nazionale Americano per la salute certifica un nesso di causalità tra ulcera gastroduodenale e infezione da Helicobacter pylori. Nel 1996 la FDA approva il primo trattamento antibiotico per eliminare le colonie di batteri H. pylori (amoxicillina 1000mg+claritromicina 500mg+PPI).

Il nostro Istituto Superiore di Sanità dichiara che “oggi si stima infatti che circa il 90% delle ulcere duodenali e l’80% di quelle gastriche siano di origine infettiva“. Da qui deriva l’importanza della scoperta fatta dai due ricercatori che riceveranno il premio Nobel nel 2005.

Dalla rilevanza degli studi condotti sugli effetti di questo batterio sulla nostra salute le linee guida di tutto il mondo medico (consensus) consigliano l’eradicazione di questo batterio dal nostro stomaco. Questo comporta l’utilizzo di antibiotici e antiacidi specifici.

Se nel 1984 a Barry J. Marshall era bastato aspettare 14 giorni dall’inoculazione del batterio nel proprio stomaco per vederlo scomparire, e solo 2 dosi di tinidazolo per far scomparire i sintomi della gastrite auto-indotta, oggi non basta più un ciclo di cocktail antibiotici di prima linea per essere sicuri della sua eradicazione.

Nel 2009 l’ente americano FDA in un suo documento ufficiale (link) dichiara: “All currently approved regimens are multidrug regimens consisting of antimicrobials plus anti-ulcer medications because use of either drug type alone is unable to eradicate H. pylori. Previous studies have shown eradication rates of 0 percent for placebo, less than 5 percent for monotherapy with a proton pump inhibitor (3 to 4 percent with omeprazole, 2 percent with lansoprazole), and 0 percent for amoxicillin alone”.

La cosa per me spiazzante è che l’utilizzo della sola amoxicillina (antibiotico) non ha nessun effetto sulla eradicazione del batterio. Solo l’azione combinata di antibiotico e inibitore della pompa protonica PPI (riduttore di quantità di acido prodotto dallo stomaco) permettono di “eradicare” il batterio, ma non nel 100% dei casi.

Nello stesso documento è chiaramente richiesto l’utilizzo di due gruppi di persone per la verifica dell’efficacia della cura, uno in Occidente e il secondo in Asia.

Il Dottor Barry J. Marshall accetta come suoi pazienti solo i casi in cui il trattamento antibiotico standard (2 diversi antibiotici + PPI) non sia stato efficace per almeno 2 volte consecutive. Al momento utilizza un cocktail antibiotico formato da 3 diversi antibiotici + PPI (inibitore di pompa protonica, o per noi mortali un antiacido).

la FDA (Food and Drug Administation USA) nel 2018 ha lanciato un pesante allarme sulla pericolosità di alcuni antibiotici, che sono il cardine della cura dell’HP (Helicobacter Pylori). In particolare si è allertato che la claritromicina ed i chinolonici (levofloxacina e ciprofloxacina) possono provocare l’infarto del miocardio e aritmie cardiache.
In dettaglio, la terapia anti HP a base di claritromicina (antibiotico) si è dimostrata associata all’aumento di 3 volte del rischio di infarto e di 5 volte del rischio di aritmie cardiache.

Cosa consiglia il Dottor Barry Marshall dopo 40 anni dalla sua scoperta: H. pylori è responsabile solo per circa il 50% delle ulcere allo stomaco. Un altro 50% è causato da FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei), come aspirina, ibuprofene, Voltaren, Naprogesic e altri. Questi FANS inibiscono la produzione di muco nello stomaco, quindi il succo gastrico (pH 1-2) inizia a digerire lo stomaco. Quindi, ulcera. Molte persone anziane prendono una piccola quantità di FANS per fluidificare il sangue per prevenire l’ictus e, sfortunatamente, finiscono per sviluppare un’ulcera peptica.

Alla domanda che fanno spesso al Dottor Barry Marshall: Quanto devo aspettare per sentirmi meglio? Risponde così:
“Alcune persone avvertono un miglioramento immediato anche prima di terminare il trattamento. Ma alcune persone impiegano un po’ più di tempo, forse settimane o mesi, prima di sentire un miglioramento. Tuttavia, è molto importante per tutti sottoporsi a un test respiratorio / feci di follow-up per scoprire se il loro trattamento ha avuto successo. Solo quando l’H. Pylori viene sradicato, c’è la possibilità che lo stomaco torni allo stato sano.
È anche molto importante rimanere positivi. Di solito più ci pensi, più senti che c’è qualcosa che non va nello stomaco. Quindi, cerca di non pensarci troppo e di distrarti con il lavoro o l’intrattenimento”.

Quanto è pericoloso questo batterio ?

Il 31 Gennaio 2020 appare sul The New England Journal of Medicine uno studio eseguito in Corea del Sud che snocciola dei dati su cui riflettere.

“In questo studio a singolo centro, in doppio cieco, controllato con placebo, abbiamo esaminato 3100 parenti di primo grado di pazienti con carcinoma gastrico. Abbiamo assegnato in modo casuale 1838 partecipanti (età media di 48 anni) con infezione da H. pylori a ricevere una terapia di eradicazione (lansoprazolo [30 mg], amoxicillina [1000 mg] e claritromicina [500 mg], ciascuno assunto due volte al giorno per 7 giorni) o placebo. L’outcome primario era lo sviluppo del cancro gastrico. Un risultato secondario prespecificato era lo sviluppo del cancro gastrico secondo lo stato di eradicazione di H. pylori, valutato durante il periodo di follow-up.
Un totale di 1676 partecipanti hanno aderito allo studio per l’analisi dell’outcome primario (832 nel gruppo di trattamento e 844 nel gruppo placebo). Durante un follow-up mediano di 9,2 anni, il cancro gastrico si è sviluppato in 10 partecipanti (1,2%) nel gruppo di trattamento e in 23 (2,7%) nel gruppo placebo (hazard ratio, 0,45; intervallo di confidenza al 95% [CI], 0,21 a 0,94; P = 0,03 mediante test log-rank). Tra i 10 partecipanti al gruppo di trattamento in cui si è sviluppato il cancro gastrico, 5 (50,0%) hanno avuto un’infezione persistente da H. pylori. Il carcinoma gastrico si è sviluppato nello 0,8% dei partecipanti (5 su 608) in cui è stata eradicata l’infezione da H. pylori e nel 2,9% dei partecipanti (28 su 979) che hanno avuto un’infezione persistente (hazard ratio, 0,27; IC al 95%, da 0,10 a 0,70) . Gli eventi avversi sono stati lievi ed erano più comuni nel gruppo trattato rispetto al gruppo placebo (53,0% vs. 19,1%; P <0,001)”.

“Helicobacter pylori è sicuramente un microrganismo molto comune, ma deve essere chiaro che non tutti quelli che hanno l’infezione svilupperanno una neoplasia”, rassicura Giordano Beretta, presidente Aiom: “Helicobacter pylori non provoca il cancro dello stomaco, ma è un fattore di rischio per questa malattia, come d’altronde lo è la familiarità.

In Italia si contano circa 12-13 mila casi l’anno di carcinoma dello stomaco, che rappresenta la quinta neoplasia per incidenza tra gli uomini (19,5 casi su 100.000) e la settima tra le donne (9,3 casi su 100.000). “È un tumore in calo nel nostro paese e questo sostanzialmente per ragioni legate all’alimentazione, che oltre all’Helicobacter e alla familiarità rappresenta un altro fattore di rischio per questa malattia”, dice Beretta. “Nel corso degli anni abbiamo ridotto il consumo di alimenti conservati sotto sale a vantaggio di quelli conservati in frigorifero – conclude – e il sale è un fattore di rischio, così come lo è l’eccesso di carni rosse in tutti i tumori gastrointestinali”.

I batteri sono una cosa normale per il nostro corpo ?

Questo batterio, il H. Pylori, è presente, a seconda delle fonti, tra il 50 ed il 70% della popolazione mondiale. E’ prevalentemente presente nei paesi in via di sviluppo. La sua presenza nei nostri stomaci aumenta con l’aumentare dell’età. ISS ci informa che un “infezione” di questo batterio (cioè la sua presenza in quantità rilevabili) è asintomatica nella maggior parte dei casi (cioè non produce nessun problema in chi li ospita, cioè il nostro stomaco). Nei paesi “industrializzati” è presente raramente nei bambini. E’ presente nel 20% degli stomaci di persone sotto i 40 anni. Nel 50% dei casi in persone sopra i 60 anni. Nei paesi “in via di sviluppo” sono presenti nel 10% dei bambini tra i 2 e gli 8 anni, e nell’80% della popolazione. Non è ancora chiaro il meccanismo di trasmissione di questo batterio (che sembra essere presente solo nell’uomo) per cui sapendone poco il nostro Istituto Superiore di Sanità ci consiglia di “lavarci bene le mani, bere acqua sicura e mangiare cibi ben cotti”.

Io personalmente ne dedurrei che:

se l’acqua è responsabile della presenza di questo batterio nel nostro stomaco basterebbe, credo, fare un’analisi di campioni d’acqua provenienti da quei paesi che hanno un incidenza alta, che secondo le fonti più autorevoli risultano essere Cina e Colombia con una presenza di questo batterio nello stomaco del 80% nella loro popolazione.

Se dobbiamo mangiare cibi ben cotti significa che verdura, frutta e carne cruda si ritengono portatrici di questo batterio. Anche qui basterebbe, credo, fare un analisi dei cibi crudi utilizzati nei paesi a più alta incidenza per scovare il batterio cattivo.

Se, come mi sembra, potrebbe essere facile trovarne la causa, a chi giova rimanere nel dubbio sulle modalità di trasmissione di questo batterio ?

Fonte: Istituto Superiore di Sanità

Helicobacter pylori è un batterio spiraliforme che può colonizzare la mucosa gastrica, il rivestimento dello stomaco umano. L’infezione è spesso asintomatica, ma talvolta può provocare gastrite e ulcere a livello dello stomaco o del duodeno, il primo tratto dell’intestino. L’ulcera è un’irritazione o un vero e proprio foro che si forma nella mucosa, che produce un dolore intenso, soprattutto a stomaco vuoto.

Per tutto il ventesimo secolo si è ritenuto che l’ulcera fosse provocata prevalentemente dallo stress o, talvolta, dall’assunzione di cibi acidi o molto piccanti. Il trattamento consisteva quindi nel ricovero in ospedale, in condizioni di assoluto riposo, nella prescrizione di una dieta “leggera” e nell’assunzione di farmaci in grado di alleviare i sintomi.

È soltanto all’inizio degli anni Ottanta che prende forma un’ipotesi del tutto diversa, secondo cui l’origine dell’ulcera sarebbe prevalentemente infettiva. Nel 1982, i due medici australiani Robin Warren e Barry Marshall isolano per la prima volta un batterio, H. pylori, che sembra essere il miglior candidato per spiegare lo sviluppo dell’ulcera gastrica e duodenale. La comunità scientifica accoglie con freddezza questa scoperta e sarà soltanto nel 1994 che il National Institute of Health (Nih) americano dichiarerà l’esistenza di una stretta associazione tra l’ulcera gastroduodenale e l’infezione da Helicobacter. Nel 1996 la Food and Drug Administration (Fda) approva negli Stati Uniti il primo trattamento antibiotico specifico.

Nel 2005, Marshall e Warren ricevono il premio Nobel per la medicina proprio grazie alla scoperta dell’Helicobacter: oggi si stima infatti che circa il 90% delle ulcere duodenali e l’80% di quelle gastriche siano di origine infettiva.

Le modalità con cui l’Helicobacter si trasmette sono ancora sconosciute e attualmente l’uomo è l’unico serbatoio noto di questo batterio. La modalità di trasmissione più probabile è quella orale, o oro-fecale. Altre possibili vie di contagio sono il contatto con acque o con strumenti endoscopici contaminati, ma non esistono ancora dati definitivi al riguardo.

Il sintomo più comune dell’ulcera gastroduodenale è un bruciore o dolore nella parte superiore dell’addome (epigastrio), soprattutto lontano dai pasti e di primo mattino, quando lo stomaco è vuoto. Tuttavia può insorgere anche in qualsiasi momento, con durata che può variare da pochi minuti fino ad alcune ore. Più raramente possono insorgere sintomi come nausea, vomito e perdita di appetito. Talvolta l’ulcera può sanguinare e, sul lungo periodo, indurre anemia.

A lungo termine, l’infezione da H. pylori è associata a un aumento di 2-6 volte del rischio di linfoma MALT e soprattutto di carcinoma gastrico, il secondo cancro più comune nel mondo, soprattutto in Paesi come la Cina o la Colombia dove più di metà della popolazione infantile è infetta da H. pylori.

Per diagnosticare l’infezione esistono diversi metodi:

  • test sierologici: consistono nella ricerca nel sangue di anticorpi IgG specificamente diretti contro H. pylori (sensibilità e specificità 80%-95%, a seconda del kit utilizzato)
  • test del respiro, o breath test: dopo aver somministrato al paziente dell’urea marcata radioattivamente, si misura la quantità di anidride carbonica emessa con l’espirazione; questo gas costituisce infatti il prodotto metabolico del batterio in presenza di urea (sensibilità e specificità 94-98%)
  • endoscopia: durante l’esame vengono prelevati campioni (biopsie) della mucosa dello stomaco e del duodeno, analizzati poi al microscopio alla ricerca del batterio. Questo esame è considerato lo standard ottimale per la diagnosi dell’ulcera.

Una volta accertata l’origine infettiva dell’ulcera, il trattamento consiste in una terapia a base di uno o due antibiotici, scelti tra amoxicillina, metronidazolo, tetraciclina (ma non in bambini sotto i 12 anni) o claritromicina, per 1-2 settimane. Per alleviare i sintomi, inoltre, vengono solitamente associati farmaci antiacidi, come gli inibitori di pompa. Se viene condotta in modo regolare, la terapia risulta risolutiva nel 90% dei casi.

Poiché si sa ancora molto poco sulle modalità di trasmissione di H. pylori, anche le misure preventive disponibili sono scarse. In generale, si raccomanda comunque di lavarsi bene le mani, mangiare cibo adeguatamente cucinato e bere acqua sicura.

Aspetti Epidemiologici

Secondo i Centers for Disease Control (Cdc) statunitensi, circa due terzi della popolazione mondiale sono infettati da H. pylori. In generale, la prevalenza dell’infezione è maggiormente correlata allo stato socioeconomico, più che alla provenienza geografica. Secondo quanto pubblicato nel rapporto “A Public Health Approach to Innovation” (2005) del Priority Medicines for Europe and the World Project, sotto l’egida dell’Oms, la prevalenza dell’infezione da H. pylori nei Paesi industrializzati può essere così riassunta:

  • l’infezione riguarda il 20% circa degli individui al di sotto dei 40 anni e il 50% di quelli al di sopra dei 60 anni
  • l’infezione è rara fra i bambini
  • un basso stato socioeconomico è un fattore di rischio per l’infezione
  • la prevalenza può aumentare in corrispondeza di aree caratterizzate da un forte flusso immigratorio. 

Per quanto riguarda invece i Paesi in via di sviluppo:

  • l’infezione riguarda la maggior parte della popolazione adulta, circa l’80%
  • circa il 10% dei bambini di età compresa tra 2 e 8 anni sono infettati.

Fonte: Prof. Giancarlo Caletti (Gastroenterologo Uni.Bo)

Nel numero di dicembre 2019 dell’autorevole rivista “The American Journal of Gastroenterology”, giornale ufficiale dell’American College of Gastroenterology, sono apparsi 2 articoli firmati da eminenti studiosi, che hanno bruscamente risvegliato dal torpore prenatalizio i gastroenterologi di tutto il mondo, rimettendo in discussione la storica linea di comportamento per la cura di questa infezione (1,2).
Come si evince facilmente dai due titoli, ambedue gli scritti demoliscono con argomenti concreti e plausibili la linea di azione finora seguita da tutto il mondo medico, consistente nel trattare sempre ogni paziente trovato affetto da Helicobacter pylori (HP) fino ad ottenerne la completa eradicazione.

Per capire meglio questo dirompente messaggio, è indispensabile rivedere brevemente la storia dell’infezione da HP.
Quella da HP è una delle più comuni infezioni gastrointestinali del genere umano ed è presente in circa la metà della popolazione mondiale. Notato già nell’800 dal patologo italiano Bizzozzero, che lo considerò un normale commensale del nostro stomaco, l’enorme importanza clinica dell’HP fu chiarita alla fine del 20° secolo dalle ricerche di Barry Marshall e Robin Warren, premiate nel 2005 con il premio Nobel.
I due scienziati dimostrarono che l’HP è alla base della patogenesi della gastrite cronica e dell’ulcera peptica e che la sua eradicazione con antibiotici associati a inibitori della pompa protonica, porta alla guarigione stabile di queste malattie.
Ricerche successive hanno poi stabilito un nesso causale fra l’HP, il cancro gastrico ed il linfoma gastrico MALT.

La catena di passaggi da stomaco normale a cancro avviene fortunatamente in molti anni, addirittura decenni, e in percentuali di individui via via minore. Essa inizia con una pangastrite cronica dovuta all’HP, seguita da gastrite atrofica, poi da metaplasia intestinale da displasia ed infine in una minima porzione di pazienti si può arrivare al cancro.

Se oggi è assodato che le persone non infettate da HP quasi certamente non si ammaleranno mai di ulcera peptica, cancro gastrico e linfoma gastrico MALT, non è chiaro invece perché solo una minima percentuale di individui infettati da HP vada incontro a queste malattie. Evidentemente altri fattori ancora poco noti contribuiscono alla loro insorgenza (predisposizione genetica, abitudini di vita come il fumo, nitriti alimentari ecc). 
In sintonia con queste scoperte, le linee guida europee (Maastricht guidelines) e asiatiche hanno stabilito che:

Poiché l’HP è una malattia infettiva, ogni persona risultata portatrice di questo microbo dovrebbe essere curata. 
Questo nell’intento di guarire in modo definitivo e stabile i portatori di ulcera peptica gastrica o duodenale, di prevenire e/o guarire il linfoma gastrico MALT in fase iniziale (3) ed infine di prevenire l’insorgenza del cancro gastrico. 
Ad insidiare queste linee comportamentali sta la notizia che recenti dati statistici seri ed affidabili hanno evidenziato che il cancro gastrico é in declino nei paesi occidentali, (verosimilmente per la diminuzione dell’infezione da HP nella popolazione, dovuta a migliori condizioni alimentari e di igiene famigliare). 
In parallelo questi dati hanno denunciato un marcato aumento dell’adenocarcinoma esofageo (adenocarcinoma su Barrett), dovuto alla epidemia di obesità e conseguentemente al reflusso cronico gastro-esofageo che colpisce gli obesi. 
Questo tumore risponde poco a tutte le cure a differenza del carcinoma esofageo classico (lo spinocellulare) che ha una discreta risposta alla radio-chemioterapia.

In contemporanea è stato dimostrato che l’infezione da HP protegge dall’insorgenza dell’adenocarcinoma esofageo (fino al 79% dei casi). 
Questa protezione è probabilmente dovuta al fatto che l’HP provoca una gastrite cronica, diffusa a tutto lo stomaco (pangastrite), con conseguente marcata diminuzione della produzione di acido cloridrico e quindi riducendo così la forza lesiva del materiale refluito dallo stomaco all’esofago nei soggetti predisposti. 
A confondere ulteriormente le idee e a far vacillare le convinzioni in proposito si aggiunge il fatto che la FDA (Food and Drug Administation USA) nel 2018 ha lanciato un pesante allarme sulla pericolosità di alcuni antibiotici, che sono il cardine della cura dell’HP.

In particolare si è allertato che la claritromicina ed i chinolonici (levofloxacina e ciprofloxacina) possono provocare l’infarto del miocardio e aritmie cardiache.
In dettaglio, la terapia anti HP a base di claritromicina si è dimostrata associata all’aumento di 3 volte del rischio di infarto e di 5 volte del rischio di aritmie cardiache.
Per quanto concerne i chinolonici, questi raddoppiano il rischio di rottura o dissezione dell’aneurisma dell’aorta e di conseguenza debbono essere esclusi dalle terapie in pazienti con ipertensione e malattie vascolari.
Non ultimo per importanza, è apparso uno studio epidemiologico che dimostrerebbe che curare l’HP non ridurrebbe il rischio di sviluppare un cancro gastrico in aree con alta incidenza di questo tumore. Il rischio di cancro gastrico sarebbe modicamente ridotto solamente quando alla terapia antibiotica si associano antiossidanti (vitamina C e altri), aglio (sic!) e celecoxib.

Infine, ciliegina sulla torta (avvelenata), ben 5 trial randomizzati in doppio cieco fra pazienti trattati per eradicare l’HP per prevenzione del cancro dello stomaco e pazienti HP+ trattati con placebo, hanno evidenziato che la mortalità è risultata più elevata nel gruppo trattato con antibiotici rispetto a quelli che avevano assunto il placebo!!.
A questo punto è lecito dubitare che i benefici attesi da un trattamento generalizzato dell’HP siano inferiori ai danni che esso comporta.

Ci si trova così di fronte al dilemma decisionale se si dovrà continuare a prescrivere lunghe e pesanti cure antibiotiche per eradicare l’HP ad un numero enorme di persone che mai svilupperanno il cancro dello stomaco, mentre in alcune potrebbero facilitare in tempi lunghi l’insorgenza di cancro dell’esofago ed in altre addirittura creare gravi complicanze immediate!!

Desai (1) conclude il suo articolo suggerendo di abbandonare la politica di trattare sempre tutti i pazienti HP+ e di passare ad un approccio di trattamento individualizzato:

  • Trattare con antibiotici i pazienti ad alto rischio di cancro gastrico (soggetti trovati alla gastroscopia portatori di estesa metaplasia intestinale gastrica di tipo completo e con famigliarità di 1° grado per questo tumore) e nel caso ciò fosse necessario evitare l’impiego di claritromicina e di chinolonici.
  • Rinviare il trattamento dell’HP in soggetti a rischio di sviluppare un adenocarcinoma esofageo (portatori di grandi ernie hiatali con importante reflusso ed affetti da esofago di Barrett).

Dal canto suo Chey (2) suggerisce:

  • Trattare sempre, con l’intento di eradicare l’HP, tutti pazienti HP+ con ulcera gastrica o duodenale attive o pregresse.
  • Trattare sempre con l’intento di eradicare l’HP tutti pazienti HP+ trovati affetti da linfoma gastrico MALT.
  • Nello schema di cura anti HP non utilizzare più la claritromicina (tra l’altro oramai poco efficace in quanto ha sviluppato resistenza) né i chinolonici.
  • Preferire schemi di cura in cui siano presenti il bismuto, le tetracicline e l’amoxicillina (nei soggetti non allergici a quest’ultima), la cosiddetta terapia quadruplice con bismuto.
  • Trattare sempre, con l’intento di eradicare l’HP, tutti pazienti HP+ con gastrite cronica e metaplasia intestinale.
    Va ribadito comunque che la metaplasia intestinale NON evolve sempre necessariamente a cancro gastrico. Nei casi con metaplasia intestinale estesa dovranno essere effettuati controlli endoscopici e bioptici ogni 3-5 anni e questi pazienti non dovranno essere più trattati con PPI (che peggiorano l’evoluzione verso il cancro), ma con antiossidanti di vario tipo, sucralfato e vitamina C.

Fonte: Fondazione Umberto Veronesi

Essendo L’Helicobacter Pylori la causa più frequente di insorgenza del tumore allo stomaco, c’è poco da festeggiare. È dell’Italia il primato europeo nei tassi di resistenza agli antibiotici da parte dell’Helicobacter pylori. In particolare, delle regioni del Mezzogiorno, dove oltre un un terzo dei ceppi isolati dai pazienti non risponde a uno degli antibiotici impiegati nella terapia: la claritromicina. Di conseguenza, per i pazienti che li ospitano, le probabilità di eliminare il patogeno diminuiscono. Non, invece, il rischio di sviluppare nel tempo la malattia oncologica, al di là della presenza o meno di sintomi. Un’insidia di non poco conto, di fronte alla quale l’arsenale risulta piuttosto spuntato. 

La resistenza alla claritromicina, uno degli antibiotici più utilizzati per curare l’infezione da Helicobacter pylori in associazione con l’amoxicillina, è più che raddoppiata dal 1998 a oggi. Se fino al termine del secolo scorso il problema riguardava un decimo dei casi, lo stesso oggi si registra in oltre il 20 per cento delle infezioni. Fin qui il dato medio, perché l’emergenza che si vive in Italia meridionale è più significativa. Secondo uno studio presentato nel corso del congresso della Società europea di gastroenterologia e coordinato da Francis Megraud (a capo del laboratorio di microbiologia dell’ospedale Pellegrin di Bordeaux), le regioni del Mezzogiorno vantano lo spiacevole primato, nel Vecchio Continente. Analizzando i batteri raccolti da oltre 1.200 pazienti provenienti da 18 diversi Paesi, è emerso che, dalla Campania in giù, la resistenza si verifica in quasi il 37 per cento dei ceppi studiati. Più di quanto non si registri in Croazia (34.6), Grecia (30) e Polonia(28.5), per citare i Paesi alla spalle nella graduatoria. Al fondo della classifica, invece, si ritrovano la Norvegia (8.9), la Lettonia (6.8) e la Danimarca (5). 

«Sempre più spesso la prima risposta contro l’Helicobacter non va a buon fine – ammette Valeria Palmitessa, ricercatrice del laboratorio di microbiologia e virologia dell’Irccs Saverio De Bellis di Castellana Grotte (Bari), coinvolta nello studio -. E, in diversi di questi casi, i ceppi isolati da questi pazienti non rispondono nemmeno alla contemporanea somministrazione di due o più antibiobitici». In simili situazioni, dunque, nemmeno le armi più sofisticate oggi in uso nella terapia eradicante dell’Helicobacter sembrano funzionare. La questione è seria, come dimostrano le parole dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: «La ricerca di nuove molecole efficaci e l’appropriato uso di questi farmaci devono diventare una priorità di salute pubblica». Inoltre, è importante monitorare la resistenza antibiotica nel tempo per valutarne l’evoluzione e studiarne la distribuzione geografica. «La scelta della terapia eradicante deve essere fatta anche sulla base di queste informazioni», sottolinea Palmitessa.

L’Helicobacter è uno dei pochi batteri in grado di vivere in un ambiente acido. Si spiega così la sua forte affinità con lo stomaco, dove in molti casi si annida senza recare danno (quasi 1 italiano su 2 lo «ospita» al proprio interno). Non esistendo uno screening per l’intera popolazione, la comparsa dei sintomi (bruciore di stomaco, dolore addominale, nausea, perdita di appetito, gonfiore e vomito) e alcun segni meno specifici (anemia, su tutti) rappresentano spesso il primo passo che avvicina al riscontro dell’infezione. Due sono i test non invasivi per individuare la presenza del batterio. «Si tratta dell’urea breath test, che permette di rilevare la presenza del batterio attraverso il dosaggio dell’anidride carbonica presente nell’espirato, e della ricerca dell’antigene nelle feci», dichiara Alba Panarese, dirigente medico dell’unità operativa complessa di gastroenterologia ed endoscopia digestiva del De Bellis. In caso di esito positivo dell’esame, può essere opportuna l’esecuzione di una gastroscopia per valutare se l’Helicobacter abbia già modificato l’epitelio della mucosa dello stomaco nella direzione dello sviluppo del tumore (14.300 le diagnosi effettuate in Italia nel 2019).

In ogni caso, l’infezione deve esere curata. Ma come, alla luce degli ultimi dati? Quando fallisce la terapia di prima linea (7-10 giorni con amoxicillina, claritromocina e un inibitore di pompa protonica PPI), si ricorre alla formula sequenziale: cinque giorni con l’amoxicillina e un inibitore seguiti da altrettanti giorni di terapia con la claritromicina, il metronidazolo e l’inibitore di pompa. Ma anche questo approccio rischia di perdere di efficacia, vista la frequenza di mancate risposte alla claritromicina e al metronidazolo. Nelle aree ad alta incidenza dell’infezione e dove la resistenza alla claritromicina supera il 20 per cento, oggi si usa fin subito un farmaco che contiene la tetraciclina, il metronidazolo e il bismuto: in aggiunta a un inibitore di pompa protonica. Il trattamento dura mediamente dieci giorni. «In questo modo, attualmente, eradichiamo l’infezione nella quasi totalità dei pazienti», aggiunge la specialista.

La definizione della strategia terapeutica più appropriata è fondamentale per evitare l’uso improprio di altri antibiotici (che concorre ad aumentare la resistenza) e il ricorso da parte del paziente agli inibitori di pompa protonica (con l’obbiettivo di attenuare i sintomi). Questa categoria di farmaci è sì un valido supporto nella terapia eradicante. Ma se assunti in autonomia, come fa 1 italiano su 2, i gastroprotettori rischiano di «mascherare» l’infezione e rendere la diagnosi più tardiva.

Fonte: quotidiano La Repubblica

Il rischio di ammalarsi di cancro dello stomaco si dimezza se si eradica l’Helicobacter pylori, il batterio che provoca gastriti e ulcere e che rappresenta uno dei fattori di rischio del tumore gastrico. Lo hanno dimostrato i ricercatori sudcoreani del National Cancer Center di Goyang, che hanno realizzato uno studio clinico su 1.676 persone con Helicobacter p. e familiarità per tumore dello stomaco, cioè con un parente prossimo con diagnosi di malattia. I risultati sono pubblicati sul New England Journal Of Medicine.

Helicobacter pylori è un batterio molto diffuso. Secondo alcune stime colonizzerebbe le pareti dello stomaco di quasi la metà degli abitanti del pianeta. Questo microrganismo viene difficilmente attaccato dalle cellule del sistema immunitario e sopravvive nell’ambiente gastrico grazie a un enzima, l’ureasi, che in parte neutralizza l’acidità dell’habitat. Una volta insediato nella mucosa gastrica, il microrganismo provoca uno stato infiammatorio persistente, e l’infiammazione a sua volta predispone alla possibilità di ammalarsi. La terapia per l’eradicazione del batterio consiste in antibiotici e inibitori della pompa protonica.

Gli autori hanno distribuito casualmente i partecipanti – tutti di circa 48 anni e con una storia familiare predisponente – in due gruppi. A 832 persone è stato somministrato lanzoprazolo, un inibitore della pompa protonica, e gli antibiotici amoxicillina e claritromicina; ai restanti 844 è stato invece dato un placebo. Né i partecipanti né i sanitari che somministravano i farmaci o il placebo erano al corrente di chi assumesse cosa (lo studio era infatti a doppio cieco).

A distanza di circa nove anni le diagnosi di carcinoma gastrico sono state 10 su 832 (ovvero l’1,2%) nel gruppo di trattamento, e 23 su 834 (cioè il 2,7%) nel gruppo placebo: ovvero, il rischio di ammalarsi di cancro dello stomaco è risultato più che dimezzato in chi è stato trattato per l’Helicobacter pylori. Gli esperti hanno infatti stimato che nelle persone con familiarità per questa neoplasia, trattare l’infezione riduce del 55-73% il rischio di tumore dello stomaco.

“Helicobacter pylori è sicuramente un microrganismo molto comune, ma deve essere chiaro che non tutti quelli che hanno l’infezione svilupperanno una neoplasia”, rassicura Giordano Beretta, presidente Aiom: “Helicobacter pylori non provoca il cancro dello stomaco, ma è un fattore di rischio per questa malattia, come d’altronde lo è la familiarità. E – ragiona l’oncologo – è dimostrato anche da questo studio sudcoreano: nel gruppo placebo, cioè quello delle persone che non hanno fatto la cura per l’infezione, il rischio di ammalarsi è stato del 2,7% (e per altro ricordiamo che si tratta di pazienti con familiarità) quindi basso. Tuttavia, seppur non elevato, questo rischio si dimezza eradicando il batterio. E quindi Helicobacter pylori va eradicato: avremo meno gastriti e un un minore rischio di cancro nelle persone con l’infezione”. Ma somministrare la terapia non è sufficiente: dopo il trattamento, che dura qualche settimana, bisogna assicurarsi che l’eradicazione ci sia stata. “Verificare è importante – conferma Beretta – perché se il batterio è ancora presente nello stomaco, il rischio di ammalarsi è uguale a quello che si avrebbe se il paziente non fosse mai stato sottoposto al trattamento”.

Secondo i dati riportati dagli autori dello studio sul NEJM, gli effetti collaterali del trattamento sono stati per lo più lievi: si sono verificati nel 19,1% e nel 53% dei partecipanti del gruppo placebo e del gruppo di trattamento, rispettivamente. Gli effetti più comuni sono stati alterazione del gusto, nausea, diarrea e dolore all’addome.

In Italia si contano circa 12-13 mila casi l’anno di carcinoma dello stomaco, che rappresenta la quinta neoplasia per incidenza tra gli uomini (19,5 casi su 100.000) e la settima tra le donne (9,3 casi su 100.000). “È un tumore in calo nel nostro paese e questo sostanzialmente per ragioni legate all’alimentazione, che oltre all’Helicobacter e alla familiarità rappresenta un altro fattore di rischio per questa malattia”, dice Beretta. “Nel corso degli anni abbiamo ridotto il consumo di alimenti conservati sotto sale a vantaggio di quelli conservati in frigorifero – conclude – e il sale è un fattore di rischio, così come lo è l’eccesso di carni rosse in tutti i tumori gastrointestinali”.

Fonte: New England Journal of Medicine

In this single-center, double-blind, placebo-controlled trial, we screened 3100 first-degree relatives of patients with gastric cancer. We randomly assigned 1838 participants with H. pylori infection to receive either eradication therapy (lansoprazole [30 mg], amoxicillin [1000 mg], and clarithromycin [500 mg], each taken twice daily for 7 days) or placebo. The primary outcome was development of gastric cancer. A prespecified secondary outcome was development of gastric cancer according to H. pylori eradication status, assessed during the follow-up period.

A total of 1676 participants were included in the modified intention-to-treat population for the analysis of the primary outcome (832 in the treatment group and 844 in the placebo group). During a median follow-up of 9.2 years, gastric cancer developed in 10 participants (1.2%) in the treatment group and in 23 (2.7%) in the placebo group (hazard ratio, 0.45; 95% confidence interval [CI], 0.21 to 0.94; P=0.03 by log-rank test). Among the 10 participants in the treatment group in whom gastric cancer developed, 5 (50.0%) had persistent H. pylori infection. Gastric cancer developed in 0.8% of participants (5 of 608) in whom H. pylori infection was eradicated and in 2.9% of participants (28 of 979) who had persistent infection (hazard ratio, 0.27; 95% CI, 0.10 to 0.70). Adverse events were mild and were more common in the treatment group than in the placebo group (53.0% vs. 19.1%; P<0.001).

Fonte: Prof. Barry J. Marshall Helicobacter Foundation

What is the best treatment for H. pylori?

Standard triple therapy is always the first choice. It’s either PPI + Amoxicillin + Clarithromycin or PPI + Amoxicillin + Metronidazole or PPI + Clarithromycin + Metronidazole. 

For regions such as China and other Asia countries, where Metronidazole resistance is abundant, PPI + Amoxicillin + Clarithromycin would be the preferable choice

For regions such as Australia and other European countries, where Clarithromycin resistance is abundant, PPI + Amoxicillin + Metronidazole would be the preferable choice

For patients who are sensitive to amoxicillin, PPI + Clarithromycin + Metronidazole would be the preferable choice.

For patients who failed the first line treatment, they can always try another combination without repeating the same antibiotics (except for Amoxicillin).

For patients who failed twice the first line treatment, they can then try other non-standard triple therapy or the quadruple therapy.

Other choice of antibiotics include: Quinolones (ciprofloxacin or levofloxacin),Tetracycline, Rifabutin, Furazolidone and Bismuth.

Tips: 

1. H. pylori can never become resistant to Amoxicillin and Bismuth. So patients can always repeat PPI + Amoxicillin + Bismuth + one other antibiotic.

2. Bismuth is a good supplement in the treatment because it prevents C. difficile complications.

3. A higher dose of PPI always gives better results. So ask your doctor to give a higher PPI dose.

4. 14 days of treatment is better than 10 days and 10 days is better than 7 days.

5. If you stop your treatment after less than 7 days, it is very likely that your H. pylori will become resistant to those antibiotics.

What treatments does Prof Barry Marshall use?

Prof Barry Marshall only sees patients who failed at least twice on the standard triple therapy. So he would normally prescribe a quadruple therapy such as PARC (PPI, Amoxicillin, Rifabutin and Ciprofloxacin) or PBRC (PPI, Bismuth, Rifabutin and Ciprofloxacin). 

For patients who failed PARC or PBRC or found resistance to Rifabutin or Ciprofloxacin, PBTF (PPI, Bismuth, Tetracycline and Furazolidone), or PBMT (PPI, Bismuth, Tetracycline and high dose Metronidazole) would then be the rescue therapy.

What is antibiotic sensitivity testing?

Some laboratories provide a bacterial culture service where they can perform antibiotic sensitivity testing on the H. pylori to find out exactly which antibiotics it is sensitive to. With such guidance, the doctor is able to provide the most effective antibiotics combination. This is recommended for patients who have failed multiple antibiotic treatments. 

Because Prof Barry Marshall’s patients are usually infected with multidrug resistant H. pylori, he and his team culture all patients’ H. pylori strains. With the guidance of the antibiotic sensitivity testing results, Prof Barry Marshall is able achieve a cure rate of over 90%.

Can I treat H. pylori with something other than antibiotics?

Unfortunately, only use of antibiotics is backed by solid evidence forkilling H. pylori once and for all. Alternativetreatment such as mastic gum, manuka honey, chili, garlic, onion, broccoli, only work in the laboratory. Some of them may improve the symptoms, but they do not eradicate the H. pylori. Nevertheless, one or two members of this forum have claimed that mastic gum eradicated their H. pylori. I think they are just lucky, and there are far more members that verified that mastic gum didn’t work for them.

How long do I have to wait to feel better?

Some people feel immediate improvement even before finishing the treatment. But some people take a little longer, perhaps weeks or months, before feeling improvement. Nevertheless, it is very important for everyone to get a follow up breath/stool test to find out if their treatment was successful. Only when the H. pylori is proven eradicated, is there a chance for the stomach to return to healthy state

It is also very important stay positive. Usually the more you think about it, the more you feel that there is something wrong with the stomach. So, try not to think too much about it and distract yourself with work or entertainment.

Is it normal to develop reflux symptoms after antibiotic treatment?

It is unfortunate that some patients do develop reflux symptom (or GERD) after eradication of H. pylori. The reason is unknown and there is no way to prevent it. Those who develop GERD, should take PPI daily to prevent acid damage on the throat or the oesophagus. Some lucky patients, do return to normal after a few months (or years).

Should children be treated?

This could be the most controversial question. We don’t think children below 12 (or even 15 years old) should be treated. Because 

1. Most children are asymptomatic. 

2. The microbiome is growing and antibiotics may damage the microbiome.

3. The side effects of antibiotics may do more harm than good.

4. The immune system is building, learning what’s good and bad. Disturbing the microbiome may develop unforeseen future problems.

5. It is easier for young children to become reinfected because they often puttthings in their mouths.

6. It is hard for adults to catch H. pylori from children because adult are more aware of personal hygiene.

Of course, if the child is suffering from some severe complication due to H. pylori, a carefully measured antibiotic dose can be administered.

Is H. pylori the only culprit for stomach ulcer?

H. pylori is only responsible for about 50% of the stomach ulcers. Another 50% are caused by NSAIDs (Non-Steroidal Anti-Inflammatory Drugs), such as aspirin, ibuprofen, Voltaren, Naprogesic and others. These NSAIDs inhibit the stomach producing mucous, and then the gastric juice (pH 1-2) starts digesting the stomach. Hence, ulcer. Many elderly people take small amount of NSAIDs to thin the blood to prevent stroke and unfortunately, end up developing peptic ulcer disease.

Barry J. Marshall’s 1984 experiment

In 1984 one of the authors (BJM) underwent an endo-scopy and a gastric biopsy, which showed normal mucosa without bacteria. One month later 10^9 colony forming units of C pyloridis in alkaline peptone water were swallowed, and eight days later a transient achlorhydric gastrit is was experienced. Symptoms included a brief episode of non-acidic vomiting, epi-gastric distension, malaise, and severe halitosis. On the tenth day biopsy specimens showed active chronic gastritis with polymorpho nuclear cel inflammation in the antrum, and large numbers of C pyloridis were seen and cultured. Electron microscopy showed that the antral epithelial cells had lost their characteristic pattern of alignment and had developed irregular bulging surfaces with depletion of microvilli and a severe reduction in the numbers of cytoplasmic mucus secretory granules. On the fourteenth day another biopsy specimen was taken; C pyloridis was not found, polymorpho nuclear cells were absent, and the ultra-structural changes had partially resolved. On the same day treatment was started with tinidazole 500mg twice daily, and the symptoms resolved completely within 24 hours of the start of this treatment.

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Link, Credits e Riferimenti Bibliografici

ISS: link all’articolo

Prof. Giancarlo Caletti: link all’articolo

1) Desai T et al. Eradicating H. pylory: a Rush to Judgment? Does Every patient Need Antibiotic treatment? Am J Gastroenterol 2019;114:1827-1828.


2) Chey WD. Helicobacter pylori: When We Should Treat… Am J Gastroenterol 2019;114:1829-1832.


3) Caletti GC et al. Consecutive regression of concurrent laryngeal and gastric MALT lymphoma after anti–Helicobacter pylori therapy. Gastroenterology 2003; 124: 537-543.

Management of Helicobacter pylori infection—the Maastricht V/Florence Consensus Report

Fondazione Umberto Veronesi (pubblicato il 18-02-2020): link all’articolo

Quotidiano La Repubblica (pubblicato il 25-02-2020): link all’articolo

The New England Journal of Medicine (pubblicato il 30-01-2020): link all’articolo

Prof. Barry J. Marshall: link al sito

Barry J. Marshall and is experiment on himself: link

Alkaline Peptone Water (CM1028) is for the enrichment of Vibrio cholera and Vibrio species from food, water and clinical samples. This broth can also be used for direct microscopic examination of samples using the hanging drop method. fonte link.

Mustic Gum fonte Wikipedia

Mustic Gum in inglese con link a studi

Studio del 1988: Campylobacter pyloridis-associated chronic active antral gastritis. A prospective study of its prevalence and the effects of antibacterial and antiulcer treatment link

Autore dell'articolo: Lucio Sciamanna