Ricevo da un insegnante ed ospito questa lettera manifesto, una preghiera ed un urlo di dolore.
L’ha scritta ai suoi colleghi ed al dirigente scolastico per motivare le sue dimissioni.
“Nel 1938 è stato chiesto a tutto il popolo Italiano di fare una tessera lasciapassare (tessera del partito fascista) o rinunciare al lavoro, al diritto di acquistare il cibo per la propria famiglia e di conseguenza ai diritti umani primari.
La “scienza e medicina” del tempo insieme ai giornalisti promosse e certificò che alcuni cittadini, allora chiamati ebrei, non avessero neanche il diritto di chiedere la tessera del partito fascista, perchè non ritenuti degni (i tedeschi li avrebbero chiamati Untermenschen, sub-umani) con il “manifesto della razza”.




Gli insegnanti accettarono perchè o non avevano altra scelta, o erano entuasti delle privazioni sociali che avrebbe incontrato chi non era della stessa opinione.
Mancava un anno all’entrata in guerra dell’Italia nella seconda guerra mondiale e i miei stimati insegnanti dovrebbero ben sapere com’è andata a finire.
Otto anni dopo aver subito atroci sofferenze, il 1946 è stato l’anno del riscatto della civiltà e la scrittura della Costituzione Italiana dove l’articolo 1 recita “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
L’articolo 3 recita “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”
Larticolo 4 recita “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.
Ho sempre rispettato e lavorato perchè la scuola forgiasse i nostri ragazzi, il nostro futuro, nel rispetto dei diritti dell’uomo e per un avanzamento della civiltà umana.
Mi aspettavo che il corpo insegnanti riconoscesse, al di là delle problematiche mediche, le stesse modalità utilizzate nel 1938 per “convincere” le persone a seguire i dettami del regime, e reagisse con dignità e concretezza per ripristinare il rispetto per l’uomo e la prosecuzione dell’avanzamento della civiltà.

Cosa abbiamo studiato? Dov’è la nostra “cultura”?
E’ giusto accettare quello che ci stanno chiedendo con il ricatto del lavoro? Porterà le stesse conseguenze che seguirono al 1938?
Mi sto chiedendo se il nostro ruolo di educatori, e costruttori delle generazioni che baderanno a noi quando saremo vecchi, è in questo momento ben sintonizzato sul dovere di far avanzare la civiltà o è compresibilmente disorientato e anela al mero stipendio.
Il mio è un urlo di dolore e una testimonianza che spero faccia riflettere sulla necessità che è questo il momento di non accettare i ricatti.
Domani potrebbe essere troppo tardi! Se avremo perso la libertà di essere dei liberi educatori il nostro futuro non dipenderà più da noi.
Vedere i nostri ragazzi chiusi in piccoli recinti per “l’ora d’aria” ed essere il loro “carceriere” non è una cosa che al momento sono disposto a sopportare.
Il processo di Norimberga ha scritto a caratteri cubitali che eseguire leggi che vanno contro la dignità dell’uomo è un reato che non ha scadenza, e chi vincerà questa guerra o avrà eliminato le libertà o istituirà un nuovo processo di Norimberga, e questa volta gli insegnanti verranno giudicati per le loro responsabilità.
E’ per questo motivo che declino il vostro cortese invito a diventare parte di questo “nuovo progetto scolastico” per dedicarmi, con le mie limitate possibilità, a difendere “la Scuola” costruttrice di civiltà.
Vi auguro di vivere con serenità le vostre scelte.”